La foresta primaria di Białowieża, patrimonio Unesco, è diventata il teatro di scontro della Polonia con la Bielorussia. Tra barriere, emergenze migranti e distruzione della biodiversità.
C’è una frontiera in Europa che sta portando alla distruzione uno degli ecosistemi più preziosi del continente. È quella tra Polonia, dunque parliamo di Unione europea, e Bielorussia, da anni al centro delle sanzioni comunitarie per il suo sostegno alla Russia di Vladimir Putin e per le sue violazioni dei diritti umani. Lì sorge la foresta di Białowieża, l’ultima foresta primaria d’Europa, riconosciuta patrimonio mondiale dell’Unesco e abitata dagli ultimi esemplari di bisonte europeo e da altre specie animali e vegetali protette. Ma lì è anche il luogo dove da anni si combatte una sorta di guerra ibrida tra i due paesi confinanti.
La rotta migratoria che passa da Oriente per arrivare all’Europa settentrionale passa proprio da quel confine e negli ultimi anni la Bielorussia ha favorito le migrazioni verso la Polonia come forma di ritorsione e pressione contro le sanzioni. La Polonia ha così rafforzato le frontiere, facendo costruire una recinzione di 187 chilometri che ha aumentato le difficoltà tanto per le persone migranti che cercavano di attraversare il confine, quanto per gli animali e le loro rotte migratorie frutto dell’evoluzione di secoli. La conseguenza è una strage, che ancora non si è fermata, di essere umani e animali. Ma la situazione ora sembra destinata a peggiorare, visto che le ultime tensioni con la Russia hanno spinto la Polonia a rendere ancora più impenetrabile e sorvegliata la sua frontiera che si trova proprio nel cuore della foresta di Białowieża.
La foresta di Białowieża e il suo ruolo per l’Europa
La foresta di Białowieża è un ecosistema unico nel suo genere e uno degli ultimi frammenti superstiti della foresta primaria che un tempo copriva gran parte del continente europeo. Dichiarata patrimonio dell’umanità dall’Unesco nel 1979, l’area è da decenni riconosciuta come un raro esempio di ambiente forestale incontaminato.
Questa foresta ospita una grande biodiversità. È celebre soprattutto per essere il rifugio del bisonte europeo, il mammifero terrestre più grande d’Europa, reintrodotto con successo dopo essere stato cacciato fino all’estinzione in natura nel Ventesimo secolo. Oltre ai bisonti, vi abitano linci, lupi, cervi, alci, cinghiali, oltre 250 specie di uccelli e oltre 12mila specie di invertebrati, oltre che alberi monumentali e tantissime specie di funghi.
Dal punto di vista ambientale, la foresta di Białowieża è un laboratorio vivente per lo studio dei processi ecologici naturali. Protegge il suolo, regola il microclima e contribuisce a mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici grazie alla sua capacità di stoccare grandi quantità di carbonio. Tuttavia, da qualche anno questo ecosistema è minacciato da pressioni politiche e securitarie.
Strage di persone migranti
Nell’autunno del 2021 è esplosa una grave emergenza umanitaria al confine tra la Bielorussia e la Polonia, proprio lì dove si trova la foresta di Białowieża. L’Unione europea aveva imposto sanzioni al regime bielorusso di Alexander Lukashenko per i brogli alle ultime elezioni e la risposta non ha tardato ad arrivare. Le autorità bielorusse hanno favorito la concentrazione di persone migranti, arrivate nel paese lungo la rotta che dal Medio Oriente e dai Balcani porta al Nord Europa, proprio alla frontiera polacca, come forma di pressione sull’Unione europea. La Polonia in quel periodo era governata dal partito di estrema destra Diritto e Giustizia, che faceva della dialettica anti-immigrazione uno dei suoi pilastri elettorali. E che ha messo in atto una serie di politiche molto dure per impedire l’accoglienza delle persone in arrivo dalla Bielorussia. Tra le altre cose è stata costruita una barriera di 187 chilometri, che ha reso di fatto invalicabile il confine e ha costretto migliaia di persone a lunghi accampamenti nella foresta ghiacciata o a trovare modi sempre più pericolosi per entrare nell’Ue.
L’organizzazione non governativa Human Rights Watch ha denunciato le violazioni messe in atto dalle autorità polacche contro le persone migranti nella foresta di Białowieża. Si va da respingimenti avvenuti anche quando ormai le persone si trovavano per diversi chilometri in territorio polacco, al rifiuto (illegale) di accogliere anche solo le domande di asilo, fino alle violenze fisiche da parte degli agenti di frontiera. Pratiche che sono andate avanti anche negli ultimi anni, dopo che nel 2023 il potere in Polonia è stato preso dal premier conservatore ed europeista Donald Tusk. Secondo l’ong We Are Monitoring, tra settembre 2021 e ottobre 2024 sono morte 87 persone nei pressi del confine su entrambi i lati, di cui 14 solo nel 2024.
Un ecosistema unico a rischio
La barriera al confine tra Polonia e Bielorussia sta causando da lungo tempo una grave tragedia umanitaria, con costi umani enormi. Ma i danni si stanno facendo sentire anche su un patrimonio ambientale europeo come la foresta di Białowieża, un’area grande circa 150mila ettari.
La barriera, alta cinque metri e mezzo e realizzata in un modo che taglia in due la riserva, ha stravolto le abitudini degli animali che la abitano, molti dei quali protetti. Le linci, specie in via di estinzione di cui sono rimaste nell’area solo una ventina di esemplari, sono limitate nei movimenti e i passaggi creati nella barriera sotto la pressione delle associazioni ambientaliste per permettere il transito degli animali sono stati progressivamente chiusi, visto che c’erano persone migranti che riuscivano a sfruttarli per entrare in Polonia.
La militarizzazione dell’area, che negli ultimi tempi si è fatta ancora più forte dopo l’aumento della tensione tra la Polonia (e la Nato) e Mosca, ha avuto un forte impatto sulla biodiversità. Quella che era una foresta primaria è oggi percorsa da decine di mezzi militari ogni giorno e si verificano anche episodi come l’investimento dei bisonti europei, una specie protetta. Sono state anche costruite nuove strade che hanno fatto aumentare i livelli di smog tra la vegetazione e che hanno richiesto il disboscamento per aprire varchi e spazi nuovi.
Il rafforzamento della barriera e la costruzione di nuovi centri di controllo e sorveglianza hanno portato allo sradicamento di piante e funghi e all’uccisione di piccole specie protette. A tutto questo si aggiunge il fatto che la barriera è stata costruita senza effettuare la valutazione richiesta dalla direttiva Habitat dell’Ue, uno dei pilastri della strategia di conservazione della natura a livello comunitario. L’Unione europea sta insomma mettendo a dura prova l’ultima delle sue foreste primarie. Sacrificata in nome delle politiche di sicurezza di frontiera.